01 Settembre 2025
Spie, droni e cyberattacchi: l’Italia e la guerra tiepida
Dal caso Biot ai droni su Ispra, fino ai sabotaggi low cost in Europa. I rischi per basi NATO, infrastrutture e aziende italiane

Di Pierdomenico Corte Ruggiero
L’Italia del governo Meloni vuole recitare un ruolo internazionale. Il piano Mattei. Il sostegno all’Ucraina. L’imbarazzante posizione nei rapporti con Israele.
Soprattutto il sostegno all’Ucraina e la presenza di basi Nato hanno riportato l’Italia ad uno scenario da guerra fredda anzi tiepida.
Non ci sono carri armati né missili, ma server violati, droni che sorvolano siti scientifici e manovalanza reclutata online per appiccare incendi o mappare telecamere. È la “guerra ibrida” che la Russia conduce in Europa e che, sempre più, tocca da vicino l’Italia.
Le ultime relazioni dell’intelligence nazionale parlano chiaro: minacce crescenti a basi NATO, infrastrutture critiche, università e aziende strategiche. E non è un caso se la NATO stessa ha rafforzato la protezione dei cavi sottomarini e della connettività mediterranea.
Nel 2021 l’arresto di Walter Biot, ufficiale di Marina accusato di aver ceduto documenti riservati a funzionari russi, ha riportato lo spettro dello spionaggio classico.
La giustizia italiana lo ha condannato a 20 anni in appello e a 29 nel giudizio militare. Una sentenza che ricorda quanto Roma e le basi NATO in Italia siano un obiettivo di primo piano.
Tra il 26 e il 30 marzo 2025 un drone ha sorvolato più volte il Joint Research Centre di Ispra (Varese), polo scientifico europeo che lavora anche su temi nucleari e spaziali. La Procura di Milano ha aperto un fascicolo per spionaggio.
Nello stesso periodo, due imprenditori italiani sono indagati per aver mappato telecamere di sorveglianza a Roma e Milano, individuando aree “cieche”. Preparativi che gli inquirenti leggono come possibili azioni di sabotaggio.
Nel 2024 e nel 2025 i siti di ministeri, banche e aeroporti italiani sono stati bersaglio di attacchi DDoS rivendicati da gruppi filo-russi come NoName057(16). Effetti limitati, ma utili a seminare percezione di vulnerabilità.
Più insidiosi i tentativi di intrusione silenziosa nelle reti di enti pubblici, aziende della difesa ed energia: qui l’obiettivo è sottrarre dati e preparare possibili interruzioni future.
In Polonia, nei Paesi baltici e in Scandinavia, negli ultimi mesi sono emersi casi di sabotaggi a basso costo: incendi, vandalismi, piccoli attentati condotti da cittadini locali reclutati online e pagati in criptovalute.
Gli inquirenti italiani temono che questo modello replicabile possa attecchire anche nel nostro Paese, con rischi per magazzini, interporti, snodi ferroviari e depositi di carburante.
Non solo basi militari. I think tank atlantici avvertono che i cavi dati e le pipeline energetiche sono bersagli ideali per sabotaggi clandestini.
La NATO ha istituito una rete di protezione per le infrastrutture sottomarine e l’Italia, hub naturale del Mediterraneo, è considerata un punto critico per il traffico dati europeo.
Detto ciò, quanto è esposta l’Italia?
Probabilità: medio-alta per ricognizioni e cyberattacchi dimostrativi; medio per sabotaggi fisici mirati, ma con tendenza in crescita.
Impatto: potenzialmente altissimo se colpite infrastrutture critiche (energia, trasporti, telecomunicazioni) o basi NATO.
Indicatori: droni su Ispra, mappature sospette a Milano e Roma, cyber-campagne filo-russe e precedenti giudiziari come il caso Biot.
Gli esperti propongono una strategia in sette punti:
1. Blindare le basi NATO e i poli civili collegati con controlli anti-drone e screening dei fornitori.
2. Cyberdifesa multilivello, con filtri DDoS, esercitazioni e threat hunting nelle supply chain.
3. Sorvegliare cavi e pipeline, pattugliando i porti di approdo e installando sensori.
4. Contrastare la manovalanza del sabotaggio, monitorando reclutamenti su Telegram e flussi crypto.
5. Proteggere poli scientifici e industriali, replicando lezioni apprese dal caso Ispra.
6. Difesa cognitiva, per smascherare campagne di disinformazione e canali media opachi.
7. Coinvolgere università e aziende hi-tech con protocolli di sicurezza e controlli sull’export sensibile.
Con basi NATO, porti energetici e hub digitali, l’Italia è più esposta di altri Paesi europei.
Il rischio non è solo quello di uno “007 con microfilm”, ma di sabotaggi invisibili: un cavo tranciato, un data center isolato, un drone in cielo.
L’Italia ha strumenti per reagire — intelligence, ACN, cooperazione NATO — ma deve fare un salto di qualità: dalla reazione all’anticipazione.
Perché, come mostrano i casi degli ultimi mesi, la guerra ibrida non aspetta.
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