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27 Aprile 2025

Educazione sentimentale a scuola? No, grazie. E nessuno sconto di pena per stupratori e femminicidi

La cultura cambia quando cambia la realtà: quando le donne vengono ascoltate, credute, protette. Quando chi commette reati violenti contro di loro non ha vie d’uscita.

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Di Maddalena Celano

Di fronte all’aumento drammatico dei casi di femminicidio e violenza sessuale in Italia, la risposta più gettonata, soprattutto da parte delle istituzioni, è la stessa da anni: introdurre o potenziare l’educazione sentimentale nelle scuole. Una soluzione apparentemente sensata, progressista, “dolce”. Ma è anche l’ennesima scorciatoia retorica che deresponsabilizza la politica, ignora la crisi strutturale del sistema scolastico e non scalfisce minimamente la cultura patriarcale e la disfunzione del sistema giudiziario.

1. La scuola italiana è al collasso: caricare nuovi compiti è irresponsabile

Il sistema scolastico italiano vive da decenni una crisi profonda. Secondo il rapporto Censis 2023, il 62% delle scuole italiane non ha risorse adeguate per progetti extracurricolari. Gli edifici scolastici sono vecchi (oltre il 70% è stato costruito prima del 1976), le classi sono sovraffollate, e la carenza di personale è cronica. Gli insegnanti italiani sono tra i peggio pagati d’Europa (fonte: Eurydice), spesso costretti a turni massacranti e oberati da carichi burocratici, in un contesto che non valorizza il loro ruolo formativo. In queste condizioni, caricare ulteriormente la scuola di missioni pedagogiche di alto profilo, come la “rieducazione affettiva” dei maschi, è una mossa tanto ingenua quanto ipocrita. Senza risorse, senza formazione adeguata, senza tempo, senza continuità, la scuola può fare ben poco. E infatti lo ha già fatto.

2. I progetti esistono da anni. E i risultati?

Non è vero che l’educazione sentimentale nelle scuole non esiste: esiste eccome. Si realizzano da anni progetti contro la violenza di genere, incontri con esperti, laboratori teatrali, percorsi di consapevolezza. Eppure, secondo i dati Istat 2023, una donna ogni tre tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Nel 2023 sono stati commessi almeno 120 femminicidi, uno ogni tre giorni. Questo non significa che parlare di emozioni e relazioni non serva. Ma parlare non basta. E parlarne in un sistema scolastico che a malapena riesce a garantire la didattica di base rischia di essere non solo inutile, ma anche dannoso: crea l’illusione che “qualcosa si stia facendo”, mentre non si fa nulla di strutturale.

3. Giustizia patriarcale: gli stupratori e i femminicidi liberi fanno più danni dell’ignoranza emotiva

Se davvero si volesse contrastare la violenza maschile contro le donne, il primo passo sarebbe un sistema giudiziario rigoroso, che garantisca protezione reale alle vittime e condanne certe e non negoziabili ai colpevoli. E invece succede il contrario. Nel 2022, secondo il Ministero della Giustizia, oltre il 35% dei casi di stupro non arriva nemmeno a sentenza. I tempi medi dei processi per reati di violenza sessuale superano i 5 anni. Nel frattempo, i carnefici godono di permessi premio, pene ridotte, patteggiamenti, misure alternative. In alcuni casi, stupratori recidivi sono tornati a colpire dopo essere stati rilasciati in libertà vigilata. In questo contesto, proporre “sconti di pena” per chi si è macchiato di reati gravissimi come lo stupro o il femminicidio è una vera e propria offesa alle vittime. Il carcere non sarà una soluzione miracolosa, ma la libertà concessa a chi ha dimostrato di non rispettare la vita e l’integrità delle donne è una minaccia concreta alla sicurezza collettiva.

4. Il vero problema è culturale, ma la cultura non si cambia senza giustizia

Educare è importante, ma senza giustizia l’educazione è monca. Non si può educare al rispetto se lo Stato, nei fatti, non rispetta le donne. Non si può parlare di parità se chi stupra o uccide ottiene la libertà dopo pochi anni. La cultura cambia quando cambia la realtà: quando le donne vengono ascoltate, credute, protette. Quando chi commette reati violenti contro di loro non ha vie d’uscita. Quando lo Stato smette di essere neutro di fronte al potere patriarcale e assume una posizione chiara. Fino ad allora, l’educazione sentimentale rischia di essere solo l’ennesimo cerotto su una ferita aperta, l’ennesimo compito impossibile scaricato su una scuola già sfruttata. E gli sconti di pena, un crimine contro le donne e contro la giustizia.