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23 Marzo 2025

Il ragionevole dubbio e il rischio di una verità confusa 

Bisogna tenacemente evitare che accada ciò che venne descritto da John Grisham “ E la verità si perde nella confusione”.

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Di Pierdomenico Corte Ruggiero

La condanna, in ogni sistema democratico, deve superare il ragionevole dubbio.

Principio cardine del nostro sistema giudiziario. Almeno in teoria.

L’art 533 c.p.p. comma 1 recita “ Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio”.

La Cassazione ha regolamentato il concetto di ragionevole dubbio: “ La condanna può essere pronunciata a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili in rerum natura ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (Cass. Pen. 1791/01; Cass. Pen. 2548/2015; Cass. Pen. 20461/2016”.

Tutto chiaro quindi? Non proprio perché nella pratica è tutto molto più complicato.

Come nel caso dell’omicidio di Chiara Poggi con Alberto Stasi assolto in due gradi di giudizio e condannato in un nuovo processo d’appello disposto dalla Cassazione. Proprio in questi giorni le nuove indagini hanno riacceso i dubbi sulla sua condanna.

Emblematico poi il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito imputati per l’omicidio di Meredith Kercher. Condannati nel 2009 in primo grado. Assolti nel 2011 in appello. Nel 2013 la Cassazione annulla l’assoluzione e dispone un nuovo processo. Vengono nuovamente condannati nel 2014. Nel 2015 la Cassazione annulla la condanna senza rinvio e vengono assolti.

Quante certezze può offrire un così travagliato iter giudiziario?

Citiamo anche il caso di Alex Pompa, ora Cotoia. Nel 2020 uccise il padre per difendere la madre. Assolto in primo grado. Condannato in secondo grado nel 2023. La Cassazione annulla la sentenza di condanna e dispone un nuovo processo. Viene assolto nel gennaio di quest’anno.

Di casi simili possiamo contarne a centinaia.

Aggiungiamo il caso di Beniamino Zuncheddu considerato colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. Invece era innocente e dopo trentadue anni di carcere attende ancora un risarcimento. In base ad una legge, per il risarcimento della ingiusta detenzione, evidentemente non efficace.

Legata al concetto di ragionevole dubbio è la custodia cautelare. Applicata, ricordiamolo, a soggetti in attesa di giudizio. Eppure la custodia cautelare in Italia presenta molte criticità che possono essere riassunte nella vicenda del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo. Con particolare riferimento all’accertamento dell’incompatibilità tra la patologia e lo stato di detenzione https://www.giustizianews24.it/2025/02/18/omicidio-vassallo-si-va-verso-il-processo-ecco-perche-il-gip-ha-negato-i-domiciliari-a-cagnazzo-per-motivi-di-salute/#:~:text=Dopo%2058%20giorni%20in%20ospedale,ha%20proposto%20Appello%20al%20Riesame..

Quali sono le cause di questo pellegrinare da Erode a Pilato?

Sostanzialmente la soggettività nelle valutazioni dei giudici. Che sono certamente vincolati alla legge e alla giurisprudenza della Cassazione ma non si può negare l’elemento soggettivo nella sentenza e nella stesura delle motivazioni.

Stesura delle motivazioni che soprattutto nel vaglio in Cassazione pesa moltissimo.

Il ragionevole dubbio nel nostro sistema giudiziario fatica ad imporsi per una serie di motivi oltre all’elemento soggettivo del giudicante.

Il peso mediatico del dolore della vittima e dei suoi famigliari. Dolore legittimo come è legittima l’istanza di giustizia. Oggettivamente, però, il rischio di condannare una persona innocente pesa assai meno mediaticamente parlando.

La disparità ancora esistente tra accusa e difesa. Le indagini difensive sono assai costose. Perché ad esempio l’imputato deve pagare per ottenere copia del fascicolo processuale? Inoltre i consulenti della difesa hanno limiti e difficoltà nell’eseguire accertamenti sui reperti.

Esiste poi il mancato dibattito su un punto fondamentale. Una sentenza di assoluzione non è forse la certificazione dell’esistenza del ragionevole dubbio?

Senza voler adottare il sistema vigente negli Stati Uniti dove il processo “finisce” con la prima assoluzione, sarebbe il caso di affrontare il problema.

Ad esempio in caso di assoluzione in primo grado non sarebbe più logico prevedere la possibilità di appello solo e direttamente in Cassazione per il controllo di legittimità? Così, ad esempio, si sarebbe evitato ad Alex Cotoia il doloroso percorso giudiziario che ha affrontato.

Sicuramente servono delle soluzioni per evitare che innumerevoli processi di merito vadano a creare più dubbi che certezze. Come potrebbe accadere nel processo dell’omicidio di Serena Mollicone che potrebbe vedere andamento simile a quello visto per Raffaele Sollecito e Amanda Knox.

Bisogna tenacemente evitare che accada ciò che venne descritto da John Grisham “ E la verità si perde nella confusione”.

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