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17 Marzo 2025

La nuova famiglia, luogo di verità senza valori che la proteggano

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Di Rosamaria Fumarola

“Ho ucciso la mia mamma anziana e malata perché ero stanca, non ce la facevo più, non ho retto”. Così Giuseppina Martin ha spiegato le ragioni dell’ultimo matricidio di cui i media di recente ci hanno dato notizia. Non mi sono note le statistiche ed i numeri del fenomeno, ma ritengo di non essere la sola ad aver notato che i delitti compiuti in famiglia stanno aumentando e che la tragedia dei femminicidi ha negli omicidi di un congiunto da parte di un caregiver un drammatico, consuetudinario doppio. La famiglia è il luogo in cui la verità dei sentimenti, dei più nobili come di quelli più distruttivi, trova espressione ed in cui fingere di essere altro da sé è impossibile. Questo riguarda tanto le famiglie cosiddette felici quanto quelle più disagiate. È evidente che nei secoli sia stato necessario ricorrere a regole in grado di realizzare una mediazione nei rapporti familiari, con un apparato punitivo capace di fare da deterrente per quegli atti considerati più riprovevoli. Nel raggiungimento di questo scopo diritto e religione sono stati spesso alleati, anche se non sono mai stati i soli attori. I cambiamenti della storia, della società, dell’economia hanno svolto un ruolo nel determinare la cogenza o meno delle norme imposte proprio dalla legge e dalla religione. Mai prima d’ora l’essere umano è vissuto tanto a lungo e questo ha finito con l’indebolire la forza dei principi  che fino ad un attimo prima nessuno metteva in discussione. Accanto alla meraviglia della vita che continua, oggi le famiglie sperimentano un nuovo apparato emozionale e non solo, legato alla sua cura, fatto di fatica e privazioni, spesso di abdicazioni  alle proprie aspettative, che sembrano non essere più tanto legittime come una tempo si credeva. La famiglia, non più coadiuvata dal sostegno della natura e dei ruoli che imponeva, si trova spesso sola nell’assistenza di vite rese fragili dal tempo, impreparata a farsi carico non solo del dolore altrui ma anche del proprio. Il corto circuito che ne deriva finisce con l’essere deleterio in special modo per colui il quale di quella vita ha la responsabilità della cura e che non riesce a trovare rifugio e sollievo da ciò che esso stesso vede e prova. Dimentichiamo infatti troppo spesso quanto eros e thanatos siano due nomi diversi di una medesima cosa, una forza che talvolta crea paradisi ed altre si compiace nell’ incenerire ciò che essa stessa ha creato. I Greci ci hanno insegnato a diffidare di ciò che siamo, il Cristianesimo ad averne pietà. Entrambi hanno evidentemente colto la dimensione tragica ed allo stesso tempo inevitabilmente autentica dell’essere uomini, “gettati a vivere” con tutta la follia che trascina con sé. Giuseppina Martin guardando il disfacimento psichico di sua madre vedeva forse la sua stessa caduta, perché una madre è sempre in qualche modo parte di un figlio. La sua rivolta è stata allora anche contro sé stessa o semplicemente contro una partecipazione anticipata al disfacimento che sua madre con la propria malattia le imponeva. Solo l’arte è capace di sublimare e rendere leggero e bello un dolore. Una poesia, una canzone, possono aiutare chi soffre a sentirsi meno solo di fronte al dolore, ma non sono in grado di cancellare ciò che lo cagiona. L’inedita condizione di di vivere così a lungo dovrebbe perciò prima o poi portare ad un cambiamento anche nel sostegno approntato alle famiglie, così come da tempo accade in paesi come la Norvegia, in cui un medico o un un infermiere due volte al giorno si reca in visita di controllo al domicilio di una persona anziana e malata, consentendo ai parenti di continuare a svolgere una vita normale. Sarebbe una nuova battaglia di civiltà che impedirebbe quella discesa agli Inferi, talvolta senza ritorno, che tante famiglie sono oggi sempre più destinate a sperimentare.

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Giornalista pubblicista, scrittrice, critica jazz, autrice e conduttrice radiofonica, blogger, giurisprudente (pentita), appassionata di storia, filosofia, letteratura e sociologia, in attesa di terminare gli studi in archeologia scrivo per diverse testate, malcelando sempre uno smodato amore per tutti i linguaggi ed i segni dell'essere umano