14 Aprile 2025
TRUMP VINCE MA GLI STATI UNITI PERDONO
Nella fase iniziale della contesa le minacce e i penultimatum attirano molta attenzione mediatica da tutto il mondo e grande entusiasmo dei suoi sostenitori salvo minimizzare o eludere il fallimento finale nell’influenzare il corso degli eventi.

Di Fulvio Rapanà
“Che un cavaliere errante divenga matto avendone motivo, non c’è né merito né grazie da rendere; il nodo della questione sta in perdere il senno senza un perché e nel far comprendere alla mia dama, che se a freddo faccio questo, cosa sarei capace di fare a caldo?” Don Chisciotte
Dal 4 di febbraio, con i dazi su Messico e Canada, al 2 di aprile con dazi a 82 paesi Trump ha scatenato una guerra doganale e implicitamente monetaria che economisti, investitori e manager di aziende fanno fatica a comprenderne la razionalità pratica e la fondatezza finanziaria. Alcuni sostengono che si tratti di una tattica negoziale, porre delle posizioni estreme in modo da avere poi lo spazio per scambiare “vantaggi” senza rinunciare a nulla di rilevante. E’ una tesi di chi è in linea con una presidenza Trump “transazionale” tipica di un affarista, di uno speculatore che fa accordi a breve termine senza riguardo, per come dovrebbe fare uno statista, per le considerazioni a medio/lungo termine e senza considerare gli la ricadute collaterali come alleanze, credibilità, etica democrazia stato di diritto rispetto del diritto internazionale. Altri ritengono che i dazi di Trump, perfettamente in linea con il movimento MAGA , rappresentino la sua visione del mondo e della vita: disprezzo per la scienza e il diritto, la menzogna come sistema di vita e una propensione a teorizzare in modo irrazionale un mondo che può attrarre voti ma che nella realtà non esiste. Il disavanzo commerciale di 1000 miliardi di dollari che gli USA hanno registrato nel 2024 con il resto del mondo è da addebitare esclusivamente all’utente americano. Con una similitudine chiarissima Clyde Hufbauer del Peterson Institute dice “ è come se mi lamentassi con il mio supermercato in cui vado tutti i giorni ad acquistare a cui chiedo un riequilibrio per avere speso complessivamente 20.000 dollari nel 2024 per acquistare merce. Non è il titolare del supermercato che deve darsi una regolata ma è l’utente americano che invece di acquistare Mercedes o parmigiano o champagne dovrà ripiegare verso i prodotti americani meno costosi ma anche più scadenti. Trump non ha capito che gli Stati Uniti non possono più vivere ancora molto al di sopra delle nostre possibilità a spese degli altri”. Tutto questo contrasta fortemente con “la nuova età dell’oro promessa” agli americani.
Trump, e prima di lui Biden, perseguono pervicacemente , anche mettendoci un sacco di soldi, una reindustrializzazione che nessun presidente è in grado di realizzare. Ambedue fanno finta di ignorare che il declino del settore manufatturiero USA, come quota del PIL totale passato dal 30% degli anni ’70 all’8% di oggi, è dovuto a forze strutturali a lungo termine come l’automazione, i guadagni di produttività e di redditività, dello spostamento della domanda occupazionale dai beni ai servizi. Questo sta succedendo anche in nazioni con economie sia emergenti che avanzate, anche quelle con surplus commerciali manufatturieri come Germania, Giappone, Corea del Sud, e ora inizia anche in Cina. Né è possibile additare la colpa a politiche economiche neoliberiste o globaliste in quanto i medesimi fenomeni si sono verificati sia in economie con un libero mercato come Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania che in economie con politiche interventiste come Giappone, Corea del Sud e Cina. Le ultime 3 Amministrazioni hanno provato chi con la carota, Biden, che con il bastone a utilizzare dazi e gli investimenti per migliorare il settore produttivo e manufatturiero con il risultato di averlo migliorarlo di un misero 1%. Fatta questa premessa insegnata agli studenti di economia nei primi tre giorni di lezione resta il non-metodo delle disgraziate iniziative di Trump che senza ottenere nulla hanno già procurato danni immensi. Ha “dichiarato guerra”, facendo entusiasmare i sostenitori, per portarsi a casa la Groenlandia, Panama e il Canada. Non ci pensa proprio a portarsi a casa anche il Messico con i suoi 36000 omicidi all’anno. Ma anche qui sbaglia in quanto con i suoi 100 milioni di abitanti e un quoziente di fertilità del 2,22% rispetto al 1,34% degli USA il Messico sarebbe molto più utile agli Stati Uniti della Groenlandia o del Canada. Comunque ad oggi Trump dalle due nazioni non ha ottenuto nulla : il fentanyl continua ad arrivare negli USA soprattutto per mano di trafficanti americani e il flusso di immigrati irregolari dal Messico continua, ma con il risvolto negativo che si incominciano a boicottare i prodotti americani. Il 2 di aprile Trump ha festeggiato la “liberation day” infliggendo dazi al 71% del PIL mondiale. A parole una grande vittoria confermata con la richiesta “da parte di molti governanti mondiali a concedergli di andare a Washington per “baciargli il culo”. La vittoria schiacciante si è trasformata in rotta precipitosa fra le 13, ora di Washington, del 7 di aprile e le 19 dell’ 8 di aprile quando chi detiene il debito pubblico americano, in obbligazioni decennali e trentennali, ha deciso che ne aveva sentite troppe e che non intendeva rischiare i propri soldi per mano di un “branco di cialtroni”, come lo ha definito il John Bolton, e ha incominciato a vendere facendo schizzare il costo dei titoli in poche ore del 18% quelli decennali e del 22% quelli trentennali. Tanto per capire i titoli decennali italiani sono al 2,98% e quelli USA al 4,50%!!!. Trump non ha fatto marcia indietro perché ha capito l’errore ma “ ho accolto la richiesta di rinviare i dazi di 90 gg per agevolare le trattativa ad eccezione della Cina rincarate al 124%”. Vittoria, vittoria, vittoria. Si tratta di una ennesima vittoria tipica del trampismo. Già nel Trump 1 si contano vittorie uno dietro l’altra. Ha costretto Messico e Canada a rinegozziare l’accordo commerciale NAFTA per sostituirlo con l’USMCA che rispetto alla prima contiene un generico pregiudizio anticinese. USMCA che ritenuto non sufficientemente favorevole è stato in gennaio abrogato da Trump forse per un nuovo accordo commerciale. Un’altra vittoria nel 2017 si verificò quando Trump minacciò di “far piovere fuoco e furia” sulla Corea del Nord se non avesse abbandonato il programma di armi nucleari. Finì tutto a tarallucci e vino con baci e abbracci con Kim Jong-Un che fregandosene altramente ha continuato ad accumulare testate atomiche e sviluppare il programma missilistico a lungo raggio per colpire gli Stati Uniti. Ma la più grande vittoria del Trump 1 è stata sulla Cina “costretta” dai dazi ad “accettare uno storico accordo commerciale” soprannominato di Fase Uno nel quale la Cina si impegnava ad acquistare 200 miliardi di dollari di esportazioni statunitensi “aggiuntive” entro la fine del 2021. Acquisti mai concretizzati ma grande vittoria mediatica con tanto di tazebao firmato e Kissinger commosso. Anche la “resa” del Venezuela è tutta da accreditare a Trump con le conseguenze che i pro-americani sono in galera e Maduro ancora al comando. Nel Trump 2 siamo già alla terza vittoria venuta in questi giorni dai Caraibi. L’Ambasciata USA in Giamaica ha emesso un Travel Warning per scoraggiare gli afflussi turistici verso Barbados, Colombia, Cuba, Giamaica Haiti , Messico e Venezuela che non hanno eseguito l’ordine di liberarsi dei medici cubani che lavorano nei loro sistemi sanitari e per non avere boicottato gli idrocarburi che provengono dal Venezuela. Rubio, il Segretario di Stato, raccontano i presenti, ha minacciato i premier convenuti di ritirare a loro e al personale diplomatico il visto per entrare negli Stati Uniti se non avessero provveduto ad annullare i permessi che consentono ai medici cubani di lavorare nei loro sistemi sanitari. Rubio incredulo ha dovuto registrare il netto rifiuto e per risposta alcuni di loro si sono detti pronti a restituire il visto seduta stante se avesse insistito nel ricatto. Per tutte queste vittorie del Trump 1 e 2 il sistema è sempre lo stesso. Nella fase iniziale della contesa le minacce e i penultimatum attirano molta attenzione mediatica da tutto il mondo e grande entusiasmo dei suoi sostenitori salvo minimizzare o eludere il fallimento finale nell’influenzare il corso degli eventi. Mentre Trump decanta le sue vittorie fallimentari i costi per gli Stati Uniti, nel quale includere anche la credibilità del governo statunitense, alla soft power e alla leaderchip globale dell’America si accumulano giorno dopo giorno. Anche quelle poche vittorie vantate nella sua guerra interna come la distruzione dell’USAID o la costrizione del sistema universitario stanno procurando perdite molto superiore ai benefici con milioni di persone in tutto il mondo che soffriranno per la mancanza di aiuti e sapranno con chi prendersela o la fuga dei cervelli dalle università, che hanno procurato il vantaggio tecnologico di cui ora gli USA possono usufruire nel confronto con l’Asia, di cui il 75% prevedono di lasciare i laboratori di Harvad o Princeton per andare in Europa o in Cina. Ho l’impressione che nell’establishment statunitense qualche domanda incomincia a girare su cosa fare per neutralizzare una minaccia tanto rilevante per gli Stati Uniti stessi.
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