06 Aprile 2025
Recensione di “La Stradina dei Fiordalisi” di Alessandro Calanca

Di Maddalena Celano
“La Stradina dei Fiordalisi” di Alessandro Calanca è una raccolta poetica che si sviluppa come un viaggio interiore ed esistenziale, dove i versi diventano strumenti di memoria, riflessione e narrazione di un’anima inquieta e profondamente radicata nel vissuto. La raccolta, impreziosita dalle illustrazioni di Barbara Miglio, non è soltanto un’opera poetica, ma un vero e proprio diario emotivo in versi, in cui l’autore intreccia il proprio percorso di vita con le grandi tematiche universali: l’amore, la nostalgia, l’appartenenza, la solitudine e il senso di sradicamento.
Il titolo stesso suggerisce un percorso, un sentiero fiorito che può essere interpretato come metafora dell’esistenza dell’autore, un cammino costellato di incontri, separazioni e riflessioni profonde. Il fiordaliso, fiore che cresce spontaneo nei campi, diventa simbolo di una bellezza fragile ma resistente, proprio come i ricordi e le emozioni che affiorano nei versi di Calanca. Lo stile poetico dell’autore è ricco di immagini evocative e linguisticamente variegato. L’uso di termini volutamente desueti e ricercati conferisce ai componimenti un’aura di classicità, ma al contempo non manca di una forte componente intimista, che rende il lettore partecipe delle emozioni e delle vicende narrate.
Radici spezzate e nostalgia
Uno dei temi portanti della raccolta è il senso di sradicamento. L’autore, nella sua vita, ha vissuto in diverse città – da Foligno a Roma, da Milano a Trieste – e questa esperienza di continuo spostamento si riflette nei suoi versi. Si percepisce un forte desiderio di stabilità, di un luogo d’appartenenza che, tuttavia, sembra sempre sfuggire. Un esempio emblematico è la poesia “Quell’anima senza bandiera”, in cui Calanca descrive il proprio peregrinare attraverso valli, colline e città, per poi concludere con una riflessione sulla propria condizione esistenziale:
“Ho mai allignato radici in smunti terreni / forte del mio appalesato vivere in soave delizia, / anni passati con l’illusione sempre viva, / con radici invece al vento seccate.”
Qui il poeta esprime un contrasto tra la bellezza dell’esperienza vissuta e la mancanza di un legame stabile con un luogo o una comunità. L’immagine delle radici seccate dal vento evoca la precarietà dell’appartenenza e la continua ricerca di un punto fermo che non si trova mai.
Amore e rimpianto
Le poesie di Calanca sono intrise di un amore spesso celato o sofferto. Il poeta racconta di una donna amata, che per motivi di vita non ha potuto sposare, e questo rimpianto diventa un filo rosso che attraversa molte delle composizioni. L’amore, nei suoi versi, non è solo sentimento romantico, ma si fa metafora di scelte, occasioni perse e percorsi di vita che avrebbero potuto prendere direzioni diverse.
In “Quell’anima senza bandiera” l’immagine della finestra sempre chiusa, sotto la quale il poeta è passato in silenzio, sembra alludere a un amore irraggiungibile o mai realmente corrisposto:
“Strade sconnesse di vetro / mi hanno portato sotto quella finestra / mai accorta del timido agognare, / rimasta nell’ombra sempre chiusa.”
Questo frammento racchiude la malinconia di un sentimento non espresso, di un’attesa vana, di un desiderio che non trova mai compimento.
Politica e impegno sociale
L’autore non si limita a una poesia intimista, ma affronta anche temi di carattere politico e sociale, frutto della sua esperienza come segretario del PCI e della sua formazione alla scuola di partito delle Frattocchie. Questo sguardo impegnato emerge in alcune poesie che riflettono su ingiustizie, lotte e speranze, mostrando un poeta che non si chiude nel proprio mondo interiore, ma dialoga con la storia e la società.
Esempi poetici:
POVERO IL NOSTRO TEMPO (meglio non sapere!)
Questa poesia affronta con crudezza il tema dell’indifferenza contemporanea e della distrazione collettiva di fronte alle ingiustizie del mondo.
Le piaghe lasciate al sole
per asciugarle dal morbo del mondo.
L’ indifferenza trionfa tra noi,
ancora piccole carcasse innocenti/ tra i flutti.
Una nuova dal radiogiornale,
basta ad acuire il dispiacere:
però abbiamo il cinema da riaprire,
non abbiamo risorse,
la disoccupazione, chili da smaltire,
l’ obesità è dannosa per il cuore, la respirazione, la vista.
Meglio non sapere delle navi negriere,
per il cotone delle gonne alla moda
delle signore dabbene,
del litio per i telefonini
o quello dalle farmacie che ci salva.
Meglio non sapere!
Vulcani di problemi accesi/sulla faccia del mondo
ma noi preghiamo tutti i giorni/per i nostri piccoli affanni.
Che altro si può di più?
Fin dall’inizio, l’immagine delle “piaghe lasciate al sole / per asciugarle dal morbo del mondo” richiama il tentativo vano di curare le ferite dell’umanità senza intervenire realmente sulle cause. È un’immagine evocativa, che può ricordare il concetto di violenza strutturale teorizzato da Johan Galtung, secondo cui le sofferenze imposte da un sistema economico e politico ingiusto sono spesso invisibili o normalizzate.
Il poeta evidenzia il contrasto tra il dolore e la superficialità: mentre “ancora piccole carcasse innocenti / tra i flutti” suggerisce il dramma delle vittime (forse i migranti che muoiono in mare), il quotidiano si riempie di preoccupazioni futili – “chili da smaltire”, “l’obesità è dannosa per il cuore”. Qui, Calanca sembra denunciare un consumismo che anestetizza la coscienza, un pensiero affine a quello espresso da Pier Paolo Pasolini quando parlava dell’omologazione culturale indotta dalla società dei consumi.
“Meglio non sapere!” è il grido ripetuto che condanna l’autoassoluzione collettiva. L’anafora richiama il concetto di banalità del male di Hannah Arendt: le persone, pur consapevoli delle ingiustizie, scelgono l’ignoranza per comodità. “Le navi negriere” e “il litio per i telefonini” evocano lo sfruttamento del Sud globale, un tema ricorrente nella letteratura postcoloniale e nei saggi di Eduardo Galeano (Le vene aperte dell’America Latina). Infine, la chiusa è di amara ironia: “ma noi preghiamo tutti i giorni / per i nostri piccoli affanni. / Che altro si può di più?”. Qui riecheggia la denuncia dell’ipocrisia religiosa già affrontata da Bertolt Brecht: la preghiera diventa un alibi per non agire.
PREGHIERA DI UNA RONDINE
Questa poesia è più intima e lirica, ma altrettanto incisiva nel suo messaggio ecologista.
Ho sentito il garrito
in una notte senza cielo
dal volo da terre lontane
di una rondine pregando il suo Dio,
per la disperata ricerca
del proprio nido disfatto dall’ uomo,
sperando almeno
di trovare il chiarore lunare.
Il verso iniziale, “Ho sentito il garrito / in una notte senza cielo”, trasmette un senso di smarrimento e privazione: la notte senza cielo è un mondo senza speranza, forse offuscato dall’inquinamento e dalla distruzione ambientale.
La rondine, che “prega il suo Dio” per ritrovare il nido distrutto dall’uomo, si fa simbolo di tutte le creature vittime del progresso umano. Qui riecheggia la visione di Pablo Neruda, che nelle sue Odi elementari attribuiva agli esseri naturali una dignità pari a quella degli uomini. L’immagine del “chiarore lunare” come unica speranza è delicata e struggente, simile alla poetica della luce di Giuseppe Ungaretti, in cui anche nelle situazioni più oscure sopravvive un barlume di speranza.
Nel complesso, questa poesia si inserisce in una lunga tradizione di denuncia ecologica, che va da Leopardi (La Ginestra, dove l’uomo distrugge la natura per poi subirne le conseguenze) fino alle riflessioni contemporanee di Amitav Ghosh su cambiamento climatico e colonialismo (La grande cecità).
Un elemento distintivo della raccolta è il contributo artistico di Barbara Miglio, le cui illustrazioni accompagnano e arricchiscono la lettura. Le immagini non sono semplici decorazioni, ma amplificano i temi e le atmosfere della raccolta, creando un ponte tra parola e visione.
“La Stradina dei Fiordalisi” è un’opera che si distingue per la sua autenticità e profondità emotiva. Alessandro Calanca riesce a trasformare le sue esperienze personali in un racconto poetico universale, capace di toccare corde profonde nel lettore. La sua poesia è un mosaico di immagini, emozioni e riflessioni che invitano a un viaggio non solo attraverso le parole, ma dentro se stessi. Una lettura consigliata a chi ama la poesia che sa essere, al tempo stesso, intima e universale, evocativa e concreta.
