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17 Febbraio 2025

L’inganno della grande distribuzione (e come i temporary shop possono salvare l’agricoltura)

Il giornalista Alessandro Andrea Argeri e l’economista Angelo Leogrande, de ilsudest.it, hanno ideato e sviluppato un business plan innovativo per migliorare la gestione della raccolta cerasicola. Attraverso l’introduzione dei temporary shop, il progetto punta a ridurre le distorsioni della filiera tradizionale, garantendo maggiori guadagni ai produttori e prezzi più equi per i consumatori.

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di Alessandro Andrea Argeri, Angelo Leogrande

L’agricoltura italiana soffre da anni di una distorsione economica: chi produce guadagna poco, mentre i prezzi al consumo schizzano alle stelle. Emblematico è quanto avviene da anni nel settore cerasicolo pugliese dove il comune di Turi, una delle capitali italiane della ciliegia, risulta essere un esempio tristemente illustre: i produttori ricevono appena 1,50 euro al chilo per un frutto ma sugli scaffali della grande distribuzione il prodotto viene venduto fino a 20 euro al chilo. La causa di un divario di prezzo tanto ampio? Una filiera lunga e costosa in cui gli intermediari si spartiscono la fetta più grande dei profitti.

Qual è il problema della filiera tradizionale?

Soffocato da un sistema tossico che danneggia tanto i produttori iniziali quanto il consumatore finale, l’attuale modello di distribuzione delle ciliegie segue un percorso estremamente tortuoso: il produttore vende all’ingrosso, il prodotto passa attraverso vari intermediari per poi arrivare al consumatore solo alla fine di una catena in cui sono implicati costi di trasporto, logistica, conservazione, margini di guadagno per ciascun passaggio. Il risultato? Un prezzo di vendita al pubblico sproporzionato rispetto a quanto guadagnato dal produttore.

Secondo i dati raccolti nel business plan allegato realizzato dall’economista Angelo Leogrande per ilsudest, il prezzo all’ingrosso si attesta sui 1,50 euro al chilo, mentre nelle grandi città come Milano il prezzo finale oscilla tra i 10 e i 20 euro al chilo. Il tutto mentre gli agricoltori faticano a coprire i costi di produzione e vedono ridursi il loro margine di profitto.

Il danno risulta ancora più grave se si considerano gli effetti indiretti della contrazione dei guadagni: se in un comune prevalentemente agricolo l’agricoltore guadagna di meno, allora spenderà di meno, di conseguenza a risentirne non sarà solo l’agricoltura, ma anche il negozio di vestiti, di elettrodomestici, di servizi… con l’inevitabile risultato di un impoverimento generale della comunità tutta.

L’idea del temporary shop

Secondo l’economista turese Angelo Leogrande, una soluzione per rivoluzionare il settore, oltre che per introdurre un po’ più di quella dinamicità richiesta al libero mercato, ci sarebbe: i temporary shop, punti vendita temporanei collocati strategicamente in città con elevata domanda, dove il prodotto finale è venduto a prezzi esorbitanti rispetto a quelli della vendita all’ingrosso. In questo modo produttori potrebbero vendere direttamente al consumatore finale. Il vantaggio? Poter fissare un prezzo compreso tra i 10 e i 18 euro al chilo, in modo da mantenere margini di guadagno fino al 400% superiori rispetto alla vendita all’ingrosso. Eliminati gli intermediari, non solo il profitto per i produttori aumenterebbe esponenzialmente, ma anche i consumatori finali potrebbero acquistare un prodotto a un prezzo più equo.

L’idea in sé è quindi semplice: affittare uno spazio commerciale per tutta la durata della stagione del raccolto in una zona strategica di una città dove il prodotto può essere ben venduto, così da abbattere i costi della filiera tradizionale e promuovere un modello di vendita in grado sia di valorizzare il prodotto sia di garantire un prezzo equo tanto per il produttore quanto per il consumatore.

Il business plan: numeri e proiezioni

Per rendersi conto della sostenibilità del progetto basta guardare i numeri – qui ne estrapoliamo alcuni contenuti nell’analisi economica dello stesso business plan realizzato da Leogrande:

  • – Prezzo di acquisto per il produttore: 1,50 euro/kg
  • – Prezzo di vendita nei temporary shop: 10-18 euro/kg
  • – Guadagno netto per il produttore: fino a 400% in più rispetto alla vendita all’ingrosso
  • – Durata operativa del temporary shop: 45 giorni
  • – Costo medio di affitto del locale a Milano: circa 300 euro al giorno
  • – Costo totale delle utenze (luce, acqua, internet): circa 5.000 euro per l’intero periodo
  • – Spese di marketing e pubblicità: tra i 10.000 e i 30.000 euro a seconda della scala dell’operazione
  • – Personale necessario per la gestione di un temporary shop: 3-5 persone con stipendi stimati tra i 1.500 e i 2.000 euro al mese.

Ebbene, con un investimento iniziale contenuto (affitto, logistica, personale e marketing), il ritorno economico è garantito dall’ampia marginalità del prodotto. Il modello risulterebbe poi ancora più vantaggioso se supportato da strategie di marketing mirate, come la promozione sui social media, collaborazioni con influencer del settore food o degustazioni nei punti vendita.

Il ruolo delle istituzioni

Ovviamente per rendere questo modello scalabile è fondamentale il supporto delle istituzioni locali: il Comune di Turi potrebbe favorire l’iniziativa attraverso agevolazioni logistiche e promozionali; la Regione Puglia potrebbe inserirla nei programmi di sviluppo rurale così come nei finanziamenti europei; il Comune ospitante, dal canto suo, potrebbe semplificare le procedure per l’apertura di temporary shop nonché contribuire a individuare location strategiche.

Oltre alle agevolazioni burocratiche e fiscali, le istituzioni potrebbero incentivare l’iniziativa attraverso fondi dedicati alla valorizzazione dei prodotti agroalimentari locali, allora un’azione congiunta tra le amministrazioni locali e le associazioni di categoria potrebbe portare alla creazione di un marchio certificato per le ciliegie di Turi vendute nei temporary shop, in modo da aumentare la loro riconoscibilità assieme al valore percepito dai consumatori.

Infine, altro aspetto cruciale è il supporto logistico. Il Comune di Turi potrebbe collaborare con la Regione Puglia per garantire infrastrutture di trasporto adeguate e costi agevolati per il trasferimento delle ciliegie verso città come Milano, inoltre la creazione di un consorzio di produttori potrebbe permettere un migliore coordinamento nella gestione delle forniture e nella distribuzione. In tal modo non solo si ridurrebbero ulteriormente i costi, mentre si ottimizzerebbe la logistica.

Sviluppato così, il progetto dei temporary shop di ciliegie di Turi rappresenta un’alternativa concreta al sistema attuale. Se adottato su scala più ampia potrebbe diventare un modello di riferimento per il settore agroalimentare italiano, poiché ridurrebbe la dipendenza degli agricoltori dalla grande distribuzione per favorire così una filiera più equa e sostenibile. Per riassumere, si tratta di trasformare un’idea innovativa in una realtà economica in grado di rivoluzionare il modo in cui acquistiamo e consumiamo i prodotti agricoli. La vera sfida? Costruire un sistema in cui cooperano tutti per il vantaggio della maggioranza. Questa volta il Comune di Turi può fare da apripista.

Il business plan completo è disponibile qui.

Giornalista regolarmente tesserato all'Albo dei Giornalisti di Puglia, Elenco Pubblicisti, tessera n. 183934. Pongo domande. No, non sono un filosofo (e nemmeno radical chic).