13 Gennaio 2025
Se la vicenda Raimo fa tornare in mente una poesia di Bertolt Brecht
Che Christian Raimo, per aver espresso un punto di vista contrario al ministro Valditara sia stato sospeso dall’ insegnamento per tre mesi (non su iniziativa del ministro) e che il suo stipendio sia stato in conseguenza di ciò dimezzato non è degno di uno stato democratico, ma la maggior parte degli italiani non ne è indignata.
Dopo la fine del secondo conflitto mondiale nessuno sembrava avere più dubbi su cosa fosse una dittatura. Fu tuttavia un errore credere che la piena consapevolezza di quanto accaduto sarebbe diventato patrimonio di tutti. Senz’altro lo era per molti perché l’esperienza della guerra è trasversale e perché la tragedia la si osserva ogni giorno con i propri occhi. Aspettarsi però che quell’ insegnamento sarebbe rimasto vivo nel tempo nonostante mirabilmente fissato nella nostra carta costituzionale era da ingenui, perché niente è mai fissato una volta per tutte e perché il rapporto col passato richiede impegno e responsabilità, esattamente ciò che la maggior parte degli italiani non è disposto ad assicurare. Gli abitanti del belpaese sono infatti più propensi ad imparare la Divina Commedia a memoria piuttosto che sviluppare un sano spirito critico, che permetta di individuare le insidie nascoste dietro la propaganda del potere. Che Christian Raimo ad esempio, per aver espresso un punto di vista contrario al ministro Valditara sia stato sospeso dall’ insegnamento per tre mesi (non su iniziativa del ministro) e che il suo stipendio sia stato in conseguenza di ciò dimezzato non è degno di uno stato democratico, ma la maggior parte degli italiani non ne è indignata. Raimo non lavora per un’azienda privata ma per lo stato ed è questo che dovrebbe fare la differenza: lo stato rappresenta e tutela tutti anche i dissidenti. Chi vince le elezioni è tenuto ad assicurare l’esercizio delle libertà costituzionalmente garantite. Una dittatura invece reprime il dissenso. Come non valutare il provvedimento che ha colpito il docente l’espressione di una concezione patrimonialistica del potere usato per bacchettare chi ha il coraggio di dissentire? In una recente intervista Raimo si è detto profondamente addolorato per l’interruzione del rapporto con i propri studenti, dei quali non potrà seguire nemmeno gli esami di maturità. Come mai nessuno è disposto a cogliere in questo un riattualizzarsi dell’ odiosa censura che caratterizza da sempre i regimi e di cui nel secolo scorso anche in Italia abbiamo fatto ampiamente esperienza? La verità è che esattamente come un tempo tanti italiani sono incapaci di leggere i segni del potere, soprattutto se non ne sono coinvolti direttamente come destinatari. In cosa il dolore di Raimo è infatti diverso da quello di chi durante il ventennio si vide sospeso dall’esercizio legittimo della propria professione? Chi ha peraltro agito affinché il docente fosse punito per aver espresso un punto di vista contrario alle politiche dell’attuale governo, esattamente come i tanti a cui facevo riferimento è probabile che non colga alcuna analogia con la repressione tipica dei regimi e che ritenga essere un suo diritto legittimo bacchettare chi si esprima dissentendo. Personalmente colgo dunque un fallimento nel non essere stati capaci di mantenere viva la tragica lezione del secolo scorso, nel non esserci impegnati a sufficienza ad insegnare che essere cittadini è meglio che essere sudditi e che la democrazia non è una poesia da imparare a memoria per essere recitata in piedi su una sedia una volta l’anno. E sempre a proposito di poesie converrà non dimenticare i versi finali di quella di Bertolt Brecht che recita:“…un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare”.
Rosamaria Fumarola
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